Il rischio sismico in Italia: la mappa delle zone a rischio
Rischio sismico: pericolosità, vulnerabilità ed esposizione.
Prima di rispondere al quesito posto sopra è doveroso precisare che la forza e la ripetitività con cui si manifesta ogni singolo terremoto, la stessa che tecnicamente viene definita sismicità, è una peculiarità fisica del territorio. Pertanto, a causa dell'orogenesi delle Alpi e degli Appennini l'Italia è un Paese a forte rischio sismico; questo perché ogni processo orogenetico ha dato vita a giganteschi sistemi di faglia che percorrono i rilievi in lunghezza. È dunque in corrispondenza delle faglie che si sono originati gli eventi sismici più rilevanti.
La penisola italiana ha un territorio a un rischio sismico medio-alto. Oltre a ciò, come già accennato sopra essa si caratterizza anche per l'elevata vulnerabilità, data dalla scarsa resistenza dei suoi immobili e delle sue infrastrutture. A questo si aggiunge infine l'alta esposizione. Quest'ultima è causata dal fatto che il territorio della penisola risulta densamente abitato e con un ricco patrimonio artistico, storico e monumentale. Detto altrimenti: il pericolo elevato di terremoto a cui è esposta la penisola italiana si deve stimare sia in termini di possibili vittime che in termini di rischio di crollo o danni agli immobili.
La pericolosità sismica dell'Italia.
Grazie alla diffusione di appositi strumenti sismici, dalla fine del secolo XIX secolo ad oggi è stato possibile dare impulso agli studi sulla pericolosità sismica. A rafforzamento della ricerca, nel XX secolo sono arrivate anche le cosiddette reti di monitoraggio. In ogni caso, all'atto pratico gli studi sulla pericolosità sismica hanno trovato largo impiego più che altro negli ultimi anni, concretizzandosi in approfondite analisi sia regionali che territoriali. Lo scopo? Catalogare la pericolosità in relazione alla classificazione sismica e rintracciare la pericolosità locale individuando le zone a rischio su scala comunale. Gli strumenti in questione sono risultati particolarmente importanti nel caso di terremoto, dal momento che fanno sì che ogni singola amministrazione abbia le indicazioni utili per un'efficiente pianificazione urbanistica.
La valutazione della pericolosità può avvenire impiegando un metodo deterministico o un metodo probabilistico. Il secondo procedimento è quello più usato e prevede che nel territorio siano individuate le cosiddette zone sismogenetiche, ovvero quelle responsabili degli eventi sismici. Ancora, lo stesso metodo prevede che venga altresì quantificato il grado di attività sismica delle zone sismogenetiche. Infine, relativamente alla distanza dall'epicentro esso prevede che vengano calcolati gli effetti provocati sul territorio dalle zone sismogenetiche. A tal riguardo sorge spontanea una domanda: quali sono le zone dello stivale ad alta pericolosità sismica?
Zone di alta pericolosità sismica
Da secoli, la penisola italiana è salita alla ribalta come uno dei territori più soggetti al terremoto. Le zone a più altro rischio sismico sono quelle che si trovano ad est delle Alpi e quelle situate nel centro-sud, sulla catena appenninica. Sono invece a un basso rischio l'isola di Sardegna, le aree del medio Tirreno e le zone alpine e prealpine rimanenti. In soldoni le regioni più esposte sono la regione Umbria, la regione Abruzzo, il Molise, la regione Campania, la Basilicata, la Calabria, il Friuli e l'isola di Sicilia. Tutti territori che nel corso dei secoli sono stati protagonisti di eventi sismici disastrosi, primo fra tutti il terremoto che colpì Messina e Reggio nel 1908. Vero è che la terra non ha mai smesso di ruggire, soprattutto negli ultimi anni. Dall'Aquila alla provincia di Modena e a quella di Ferrara, da Amatrice ad Accumoli e Arquata del Tronto, dalla provincia di Macerata a Norcia e Preci si giunge all'ultimo evento sismico, quello che il 21 agosto scorso ha colpito l'Isola di Ischia. Si tratta di terremoti che hanno lasciato il segno, impronte di polvere e dolore che possono essere ridimensionate con lo strumento della prevenzione.
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